GIACOMO BALLA

1871-1958
Balla nasce da Lucia Giannotti, sarta, e da Giovanni, chimico industriale, appassionato fotografo dilettante. Figlio unico, resta orfano di padre a nove anni; deve la sua ascesa sociale alla determinazione della madre che investe tutti i propri guadagni sull’educazione del figlio. Fin da adolescente mostra interesse per l’arte: inizia a studiare il violino, ma abbandona presto la musica per dedicarsi alla pittura e al disegno. Dopo gli studi superiori si iscrive all’Accademia Albertina, dove studia prospettiva, anatomia e composizione geometrica, sotto l’insegnamento di Giacomo Grosso. A seguire frequenta le lezioni di psichiatria e di antropologia criminale di Cesare Lombroso. Come il padre, si appassiona alla fotografia e frequenta lo studio del pittore e fotografo Oreste Bertieri. Nel 1891 esordisce come pittore presso la Società promotrice di Belle Arti di Torino, ambiente frequentato dall’aristocrazia e dall’alta borghesia torinese; in questo contesto conosce Edmondo De Amicis e Pellizza da Volpedo. Nel 1895 lascia Torino per stabilirsi con la madre a Roma dove rimarrà tutta la vita. Qui si avvicina alla nuova tecnica divisionista, diventandone promotore e trovando subito un buon seguito di allievi (tra loro Boccioni, Severini, Sironi). Nel 1904 in Campidoglio sposa Elisa Marcucci, anche lei sarta, conosciuta grazie all’amico Duilio Cambellotti. Dal matrimonio nascono due figlie, Luce Balla (Lucia) (1904-1994) ed Elica Balla (1914-1995), (entrambe diverranno artiste). Nel 1903 espone alla V Biennale di Venezia; è la prima di numerose successive partecipazioni postume. La sua attività creativa è molto intensa nei primi anni dieci. Negli anni della prima guerra mondiale persegue l’idea di un’arte totale, definita Arte-azione futurista. Specialmente dopo il 1916, alla morte di Boccioni (a cui nel 1925 dedicherà l’opera “Il pugno di Boccioni”), è il protagonista indiscusso del movimento. Totalmente convertito al futurismo, vende tutte le proprie opere figurative all’asta e inizia a firmare le successive con lo pseudonimo FuturBalla. Nel 1914 firma il manifesto futurista Le vêtement masculin futuriste a cui segue qualche mese dopo l’edizione italiana intitolata Il vestito antineutrale, pubblicazione corredata con figurini e modelli. Sempre inseguendo l’estetica futurista, trasforma la propria abitazione decorando pareti e mobili in un tripudio di forme dai colori smaglianti. Ancora nel 1914 realizza i fiori futuristi nel giardino di Casa Cuseni a Taormina; qui, insieme a Depero, è autore anche di molte decorazioni murali. Nel 1915, ancora con Depero, firma il manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo dove teorizza come il dinamismo pittorico e il dinamismo plastico ben si collegano alle parole in libertà e all’arte dei rumori.
Nel 1917 progetta le scene per Feu d’artifice, balletto senza danzatori che va in scena al Teatro Costanzi di Roma, prodotto da i Ballets Russes di Diaghilev, con musiche di Igor’ Fëdorovič Stravinskij. Nello stesso periodo crea arredi, mobili, suppellettili e partecipa alle sequenze del film Vita futurista (1916), presenziando con Marinetti alle riprese. Nell’ottobre del 1918 pubblica il Manifesto del colore, un’analisi del ruolo del colore nella pittura d’avanguardia. Nel 1921 dipinge le pareti del Bal Tic Tac, locale di cabaret romano dove si suona Jazz; ambiente alla moda per tutti gli anni Venti, poi decaduto e chiuso, è stato recentemente riscoperto durante la ristrutturazione di una palazzina sede della Banca d’Italia. Negli anni trenta diventa l’artista del fascismo per eccellenza, apprezzatissimo dalla critica. Tra 1932 e 1935 realizza Marcia su Roma, dipinto realizzato sul retro di un’altra tela, Velocità astratta del 1913; l’opera mostra un richiamo a Il quarto stato di Pellizza da Volpedo. Nel 1937 scrive una lettera al giornale «Perseo: quindicinale di vita italiana» con la quale si dichiara ormai estraneo alle attività futuriste: «Avevo dedicato con fede sincera tutte le mie energie alle ricerche rinnovatrici, ma a un certo punto mi sono trovato insieme a individui opportunisti e arrivisti dalle tendenze più affaristiche che artistiche; e nella convinzione che l’arte pura è nell’assoluto realismo, senza il quale si cade in forme decorative ornamentali, perciò ho ripreso la mia arte di prima: interpretazione della realtà nuda e sana». Però dopo quegli anni Balla viene accantonato dalla cultura ufficiale, sino alla rivalutazione delle sue opere, e di quelle futuriste in genere, avvenuta solo nel dopoguerra. Nel 1949 alcune sue opere, tra cui il famoso dipinto “Dinamismo di un cane al guinzaglio” del 1912, vengono esposte al MoMa nella mostra Twentieth-Century Italian Art. Muore a Roma il 1º marzo 1958 all’età di 86 anni. Viene sepolto al Cimitero del Verano.