GIUSEPPE CAPOGROSSI
1900-1972
Giuseppe Capogrossi, nasce a Roma il 7 marzo del 1900. Terminati gli studi classici, nel 1918 combatte sull’Adamello (Trentino). Nel 1922 conseguita la laurea in giurisprudenza lo zio gesuita lo introduce nello studio professionale di Giambattista Conti, affreschista e grafico. Qui ricopre il ruolo di apprendista, ma nello stesso tempo disegna e dipinge dal vero composizioni di oggetti, ritrae compagni di lavoro ed esegue copie dai grandi maestrI. Nel 1923 frequenta la Libera scuola di nudo di Felice Carena, in quel tempo tra le più accreditate di Roma. Qui dipinge nature morte e ritratti femminili e diventa amico del giovane pugliese, Emanuele Cavalli. Intorno al 1925 frequenta la Casa d’Arte Bragaglia. Tra il 1927 e il 1933 compie ripetuti soggiorni a Parigi dove elabora una pittura figurativa e tonale che si ricollega a fonti classiche italiane. Espone per la prima volta nel 1927 in una mostra collettiva alla Pensione Dinesen di Roma con Cavalli e Di Cocco nella quale emerge già un atteggiamento pittorico moderno e anticonformista, una visione della realtà inquieta e misteriosa; ancora con Cavalli, Cagli e Sclavi partecipa nel 1933 alla mostra nella Galleria Bonjean di Parigi, presentata dal noto critico Waldemar George che per primo si riferì a questo gruppo con il termine Ecole de Rome (da cui quello di Scuola Romana). D’ora in avanti partecipa a numerose mostre in gallerie private e spazi pubblici. Nel 1930 è ammesso alla XVII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Nel 1932 alla III Mostra del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti del Lazio espone sette quadri che risentono ancora dei suoi studi parigini. Nel 1932 espone insieme a Cavalli e Cagli alla Galleria di Roma, fondata e diretta da Pier Maria Bardi, uno dei maggiori intellettuali italiani degli anni tra le due guerre. Nel 1935, a Roma alla II Quadriennale d’Arte Nazionale, espone un gruppo di opere considerate tra i suoi capolavori del periodo tonale e la critica lo riconosce tra i protagonisti del rinnovamento della pittura romana. Nel 1937 è presente in tre mostre internazionali: Pittsburgh, New York e Berlino. Nel 1939 ha una sala personale alla III Quadriennale di Roma. Nel 1942 è al IV Premio Bergamo. In questi anni nella sua pittura, riflettendo anche su Cézanne, il colore si accende nelle gamme dei rossi, viola e arancio, mentre la pennellata si anima. Dal 1940 diviene titolare dell’insegnamento di “Figura disegnata” al Liceo Artistico di Roma fino al 1966 anno in cui viene chiamato alla cattedra di “Decorazione” nella Accademia di Belle Arti di Napoli fino al 1970. Dagli inizi degli anni Quaranta avvia una trasformazione della sua ricerca pittorica: il colore si accende nelle gamme dei rossi, viola e arancio, e la pennellata si anima. Negli anni del dopoguerra le sue ricerche sul segno lo affermeranno come uno dei maggiori esponenti dell’Informale in campo internazionale.
Con il graduale abbandono della figurazione, approda a un rigoroso e personale astrattismo caratterizzato da una unica forma-segno che coniugandosi in infinite variazioni arriva a costruire lo spazio del quadro, rappresentazione simbolica di una interiore organizzazione spaziale. Nel 1946 inaugura nella Galleria San Marco la sua prima personale: una nutrita rassegna di opere dal 1927 al 1946. Dal 1947 soggiorna ripetutamente in Austria, nei pressi di Lienz, dove disegna cataste di legna, che gli suggeriscono forme sempre più geometrizzate. Nel 1948 alla XXIV Biennale di Venezia presenta Le due chitarre (1948), frutto della nuova fase neocubista. Espone le opere della sua nuova maniera in una famosa mostra nel 1950 alla Galleria del Secolo di Roma, poi alla Galleria Il Milione di Milano ed alla Galleria del Cavallino di Venezia. In questo periodo ha inizio il rapporto con Carlo Cardazzo, titolare delle gallerie Il Cavallino di Venezia e Il Naviglio di Milano, con il quale stipula un contratto di esclusiva che avvia la diffusione e il commercio della produzione di Capogrossi anche all’estero. Nel 1951 partecipa alla fondazione del gruppo Origine, con Ballocco, Burri e Colla e raggiunge la notorietà internazionale partecipando nel marzo 1951 a Parigi – unico italiano – alla mostra Véhémences Confrontées. Nel 1954 viene pubblicata dalle Edizioni del Cavallino, a cura di Michel Seuphor, la prima monografia dedicata all’opera di Giuseppe Capogrossi. Nel 1962 ha una sala personale alla XXXI Biennale di Venezia e ottiene il premio per la pittura, ex aequo con Morlotti. Nel 1964 Capogrossi dichiara di essere semplicemente in una fase più avanti del figurativo, in cui le forme naturali non sono più imitate ma assimilate. Nel 1968 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, diretta da Palma Bucarelli, dedica un’intera sala alle opere dell’artista; oltre ai dipinti già presenti nella collezione del museo sono esposti i lavori donati da Renato Cardazzo in memoria del fratello Carlo scomparso nel 1963. Nel 1971 il Ministero della Pubblica Istruzione gli conferisce la medaglia d’oro per meriti culturali. Muore a Roma il 9 ottobre del 1972
Giuseppe Capogrossi, nasce a Roma il 7 marzo del 1900. Terminati gli studi classici, nel 1918 combatte sull’Adamello (Trentino). Nel 1922 conseguita la laurea in giurisprudenza lo zio gesuita lo introduce nello studio professionale di Giambattista Conti, affreschista e grafico. Qui ricopre il ruolo di apprendista, ma nello stesso tempo disegna e dipinge dal vero composizioni di oggetti, ritrae compagni di lavoro ed esegue copie dai grandi maestrI. Nel 1923 frequenta la Libera scuola di nudo di Felice Carena, in quel tempo tra le più accreditate di Roma. Qui dipinge nature morte e ritratti femminili e diventa amico del giovane pugliese, Emanuele Cavalli. Intorno al 1925 frequenta la Casa d’Arte Bragaglia. Tra il 1927 e il 1933 compie ripetuti soggiorni a Parigi dove elabora una pittura figurativa e tonale che si ricollega a fonti classiche italiane. Espone per la prima volta nel 1927 in una mostra collettiva alla Pensione Dinesen di Roma con Cavalli e Di Cocco nella quale emerge già un atteggiamento pittorico moderno e anticonformista, una visione della realtà inquieta e misteriosa; ancora con Cavalli, Cagli e Sclavi partecipa nel 1933 alla mostra nella Galleria Bonjean di Parigi, presentata dal noto critico Waldemar George che per primo si riferì a questo gruppo con il termine Ecole de Rome (da cui quello di Scuola Romana). D’ora in avanti partecipa a numerose mostre in gallerie private e spazi pubblici. Nel 1930 è ammesso alla XVII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Nel 1932 alla III Mostra del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti del Lazio espone sette quadri che risentono ancora dei suoi studi parigini. Nel 1932 espone insieme a Cavalli e Cagli alla Galleria di Roma, fondata e diretta da Pier Maria Bardi, uno dei maggiori intellettuali italiani degli anni tra le due guerre. Nel 1935, a Roma alla II Quadriennale d’Arte Nazionale, espone un gruppo di opere considerate tra i suoi capolavori del periodo tonale e la critica lo riconosce tra i protagonisti del rinnovamento della pittura romana. Nel 1937 è presente in tre mostre internazionali: Pittsburgh, New York e Berlino. Nel 1939 ha una sala personale alla III Quadriennale di Roma. Nel 1942 è al IV Premio Bergamo. In questi anni nella sua pittura, riflettendo anche su Cézanne, il colore si accende nelle gamme dei rossi, viola e arancio, mentre la pennellata si anima. Dal 1940 diviene titolare dell’insegnamento di “Figura disegnata” al Liceo Artistico di Roma fino al 1966 anno in cui viene chiamato alla cattedra di “Decorazione” nella Accademia di Belle Arti di Napoli fino al 1970. Dagli inizi degli anni Quaranta avvia una trasformazione della sua ricerca pittorica: il colore si accende nelle gamme dei rossi, viola e arancio, e la pennellata si anima. Negli anni del dopoguerra le sue ricerche sul segno lo affermeranno come uno dei maggiori esponenti dell’Informale in campo internazionale.
Con il graduale abbandono della figurazione, approda a un rigoroso e personale astrattismo caratterizzato da una unica forma-segno che coniugandosi in infinite variazioni arriva a costruire lo spazio del quadro, rappresentazione simbolica di una interiore organizzazione spaziale. Nel 1946 inaugura nella Galleria San Marco la sua prima personale: una nutrita rassegna di opere dal 1927 al 1946. Dal 1947 soggiorna ripetutamente in Austria, nei pressi di Lienz, dove disegna cataste di legna, che gli suggeriscono forme sempre più geometrizzate. Nel 1948 alla XXIV Biennale di Venezia presenta Le due chitarre (1948), frutto della nuova fase neocubista. Espone le opere della sua nuova maniera in una famosa mostra nel 1950 alla Galleria del Secolo di Roma, poi alla Galleria Il Milione di Milano ed alla Galleria del Cavallino di Venezia. In questo periodo ha inizio il rapporto con Carlo Cardazzo, titolare delle gallerie Il Cavallino di Venezia e Il Naviglio di Milano, con il quale stipula un contratto di esclusiva che avvia la diffusione e il commercio della produzione di Capogrossi anche all’estero. Nel 1951 partecipa alla fondazione del gruppo Origine, con Ballocco, Burri e Colla e raggiunge la notorietà internazionale partecipando nel marzo 1951 a Parigi – unico italiano – alla mostra Véhémences Confrontées. Nel 1954 viene pubblicata dalle Edizioni del Cavallino, a cura di Michel Seuphor, la prima monografia dedicata all’opera di Giuseppe Capogrossi. Nel 1962 ha una sala personale alla XXXI Biennale di Venezia e ottiene il premio per la pittura, ex aequo con Morlotti. Nel 1964 Capogrossi dichiara di essere semplicemente in una fase più avanti del figurativo, in cui le forme naturali non sono più imitate ma assimilate. Nel 1968 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, diretta da Palma Bucarelli, dedica un’intera sala alle opere dell’artista; oltre ai dipinti già presenti nella collezione del museo sono esposti i lavori donati da Renato Cardazzo in memoria del fratello Carlo scomparso nel 1963. Nel 1971 il Ministero della Pubblica Istruzione gli conferisce la medaglia d’oro per meriti culturali. Muore a Roma il 9 ottobre del 1972